Il mio sogno? trovare l'anima della corsa.. e della vita.

sabato 6 giugno 2015

4^ Chia Laguna half marathon - 1h34'41''

Qualche giorno dopo il 3 maggio 2015.

A Chia non dovevo andare. Ciò che mi ha fatto cambiare idea è stato l'invito di un mio amico, che mi ha coinvolto. Lo ringrazio! E' stata una decisione presa al volo, ma un'ottima decisione! Per la verità, a qualche settimana dalla proposta, avevo tantissimi dubbi sul fatto che potessi concludere una mezza maratona impegnativa come Chia. Ma l'occasione era ghiotta, mi sarei divertito e avrei visto con i miei occhi questo famoso evento, se era così eccezionale come sembra: perché vale tutti i partecipanti che ottiene? Perciò eccoci in viaggio con alcuni ragazzi che lavorano nel Progetto Filippide, un ragazzo del progetto, un grande appassionato di calcio con tanta voglia di correre i 10km e una tenacissima master. Con queste premesse il viaggio si rivela molto leggero, scorrevole, dialogato, nonostante ben più di 250 km (sia di andata, sia di ritorno) sotto un fine settimana che si preanuncia infuocato. E domani le temperature saranno più alte.. e si corre. Durante il viaggio abbiamo fatto due soste: una che essenzialmente può essere definita "gabinetto", l'altra più interessante, complice il pranzo. In quest'ultima, infatti, la nostra amica chiede una cortesia ad un signore che abita nel borgo residenziale di Maddalena (vicino a Capoterra). Con lui nasce una piccola e serena discussione. Il tutto si conclude con una bottiglia di buono e fresco vino rosso che ci ha regalato per il viaggio (credo di produzione propria). E di questo piccolo momento del viaggio mi ricorderò sicuramente della targhetta disposta sulla facciata principale della sua casa, la quale segna il livello dell'acqua che li colpì nel 2008. Di fronte, la piazza nella quale gestirono i soccorsi e le altre operazioni successive. Solo ora mi accorgo, studiando il luogo, di quanto il mare fosse vicino: deve essere stato come uno scontro tra maree: senza scampo.
Nella serata prendiamo possesso delle nostre camere nell'economico e buon b & b "La Marea" di Giorgio Zedda, a Domus de Maria (devo dire gentilissimo per averci dato la possibilità di una doccia extra subito dopo la gara dell'indomani).

La serata continua con la consegna dei pettorali presso l'expo del conference center del Chia laguna resort. Devo dire che mi aspettavo molto più caos, e molti più stand. Tuttavia il luogo è intimo e confortevole. E poi vedo delle bellissime Bianchi da strada: sono già contento! Non contento, invece, per via dei problemi relativi alla partecipazione del ragazzo del progetto Filippide. Oltretutto sembra per fesserie burocratiche che per fortuna sono state risolte in un discreto tempo.
E il tempo vola, in breve ci si ritrova al ristorante pizzeria Mister Akumal. E qui forse ho salvato per un pelo la mia gara, in quanto la pizza era gigantesca ed io, fortunatamente, non ho esagerato. Tuttavia l'indomani, anche dopo la colazione, provavo momenti di intesa sensazione di fame già dalle 9:00 del mattino. Ultimamente ho sempre fame, ma certe volte non ho neppure voglia di mangiare.
Comunque, dopo aver fantasticato su alcuni astici serviti a spese del proprietario.. si va a dormire: inizia un altro calvario.
Sebbene abbia avuto la fortuna di avere un letto matrimoniale, e due cuscini, probabilmente avrei dovuto scambiare la stanza quando ne ebbi l'occasione. Ma la stanchezza, l'ora e la voglia di dormire non ha fatto sorgere nuovamente una situazione di discussione. Così, dopo aver fatto i miei esercizi concilia sonno (vari movimenti e stretching con cui cerco di lottare con la fascite ogni giorno) scopro che i cuscini non mi sono congeniali. E' più forte di me, non riesco a rilassarmi. Il cervello, poi, è acceso, mi metto a pensare, apro gli occhi e una spia luminosa mi sveglia ancora di più. Sembra un sole, ma è solo la mia mente che moltiplica ogni aspetto che può tenermi sveglio. Passano le macchine, altri rumori. Forse ci vedo malino nel buio della camera, ma nel silenzio il mio udito si amplifica. Forse dormo qualche decina di minuti. Poi mi risveglio di colpo, vado in bagno due volte: la pizza mi aveva messo sete e ho bevuto troppo. Controllo l'ora. Dormo a piccoli sonni fino al mattino presto: non conterò più di 2 o 3 ore in totale. E durante uno dei momenti in cui guardo le pareti mi invento di usare i doppi asciugamani come cuscini. La soluzione non mi porta il sollievo voluto e torno ai cuscini normali. Alla fine riesco ad addomesticarli. Mi viene da pensare che la notte prima di Arzachena (cioè due notti prima) avevo dormito solo 5 ore. Inizio a preoccuparmi: sono sicuro che una notte non può indebolirmi troppo; ma due notti parziali e un solo venerdì notte buono?
Tra una cosa e l'altra arriva la mattina. Alla fine rimango disteso dalle 4:50 fino alle 5:45, sveglio con gli occhi chiusi. Mi alzo. Alle 6 e 30 sono pronto per la colazione. 
La giornata inizia bene. Sul luogo della partenza della gara il parcheggio migliore è a pagamento, ma noi troviamo una sistemazione in quello che si può definire "il parcheggio gratuito": il bordo di una strada sterrata. Sul luogo della partenza i podisti aumentano velocemente mentre noi consegniamo le nostre borse. E tra un volare di rondini e l'altro si passa alla preparazione contro gli sfregamenti: con la sudorazione, il vento e il caldo questo dettaglio sarà importante, decisivo!
Sono appena le 9:00: decido di mettermi anche la protezione 50 sul viso e di rimanere all'ombra, prima di avere il coraggio di effettuare un breve riscaldamento. Sono le 9:30: oggi voglio fare una buona gara, decido di partire davanti. Sarò così bravo che il mio tempo e il real time coincideranno. Dietro di me almeno 3000 persone, davanti riesco a vedere i top, uomini e donne. E soprattutto la Straneo. Penso: peccato, riesco a vederla solo ora, una foto con lei l'avrei voluta fare. Mi consolerò pensando a quella che mi son fatto fare due giorni prima con la bravissima ed emergente Alice Cocco. La Straneo la rivedrò solo durante la gara, che corre senza fatica e senza sentire il caldo: io mi trascinavo il mio stanco corpo e sognavo la sua leggerezza.
Ma è tempo di partire, finalmente! Intorno a me podisti euforici mi spaccano i timpani. Il 3 - 2 - 1 è una liberazione. Cerco subito i palloncini che mi aiuteranno a fare 1h e 30. Sono vicini. E tra i podisti più veloci della mezza e quelli della 10 che mi superano, e cerco di evitare in collisione, mi metto alle spalle dei pacemaker. Così vicino che per i primi km dovrò evitare che i palloncini mi arrivino in faccia. E nonostante tutto qualcuno riesce a tagliarmi la strada. E penso: ma voi che avete persino il pettorale blu (quello della mezza) dove volete andare scattando come scemi con 19 - 18 km di gara da fare? Poi, prima del 5° km iniziano i ritiri, gente che scoppia e lascia la strada improvvisamente, alcuni completamente esausti, come cavalli sfiancati. Il caldo c'è ma non è ancora forte. Alcuni sembrano anche buoni podisti e il ritmo non è eccezionale, da 4'11'' a 4'20''/km. Non riesco a capire questi cali improvvisi e drastici da parte di questi corridori. Anche io sento subito la gamba che diventa pesante, ma non si può mollare come se si avesse corso un 1000 al 100%. Lascio perdere e mi concentro sulla mia gara. La salita all'interno dell'abitato di Chia mi fa sentire una leggera fatica, anche troppo anticipata (in fondo capisco un po' di più i primi ritirati): al 5° km si salirà già di circa 40 metri sul livello del mare. Così, prudentemente, lascerò andar via i pacemaker. Per me andavano forte. Non ero in grado di seguirli (in qualche foto che ho visto in questi giorni mi ritrovo un Davide già pallido e stanco sin dalla partenza), quindi farò il mio passo, senza più guardare il Garmin già dal sesto km. Ho fortunatamente capito al momento giusto che non sarà una gara dove andare con tempi regolari, tutt'altro. I primi km saranno 4'11'' - 4'17'' - 4'20'' - 4'17'' - 4'23''.
Finalmente il primo giro di boa, molto bello, ancora molto trafficato da podisti, stretto, ma parecchio stimolante, direi quasi caratteristico. Rivedo tanti volti conosciuti e vengo rapito da quella mole di informazioni visive e di saluti scambiati tra tutti.
La via del ritorno è piacevole, sembra esserci una leggera discesa che per 3 km mi fa realizzare un costante 4'11''/km. Poi inizia un lento calvario. Forse per l'errore di aver bevuto poco, forse per il caldo, forse la stanchezza del viaggio e dei giorni precedenti, fatto sta che devo ridurre molto la velocità. Eppure ho la sensazione che non perdo terreno, anzi. D'altra parte inizio ad avere anche sensazioni di fermarmi, di non farcela. Arrivano i demoni mentali. Quanto tempo che non li incontravo più. Definitivamente lascio perdere un buon tempo. Penso che concluderò in 1h e 40'. 9° e 10° passano in 4'24'' e 4'29''. Si passa per la partenza e ora si va verso la costa ovest dell'Isola, verso Tuarredda. Inizio a cercare acqua, ma i ristori sono troppo distanti e l'acqua da fastidio quando la mandi giù: calda e gasata. Anche i sali sono caldi. Ma devo bere di più. Vorrei anche fermarmi per fare pipì. Il lungo stradone ed un evidente salitona (non pensavo fosse così pesante) mi fanno rallentare sempre più. All'undicesimo km pensavo a come avrei fatto ad arrivare alla fine, facevo sempre più fatica ed ero sempre più incatramato, nel fisico, nella mente e sull'asfalto. Pensavo che se fossi riuscito a tornare indietro avrei chiuso almeno in 1h e 50'. Non riuscivo ad immaginarmi al ritorno, lungo la stessa strada in direzione opposta. Poi ho pensato, che no, non dovevo ritirarmi, che comunque l'avrei finita. I demoni sono persuasivi e seducenti, ma io lo sono di più!! Mi sono ricordato di quando ero stanco durante la Sardinia Ultramarathon 2012, quel giorno, fermo lungo il ristoro del 2° giro, e poi sono ripartito. Il corpo in questa mezza poteva darmi ancora qualcosa, dovevo aspettare le energie nascoste. Non poteva essere più difficile di quella volta, portare a termine la gara. Ho continuato. E' passato pure lo stimolo della pipì, ho visto i podisti camminare sulla prima salita vera della Chia half marathon e ho preso coraggio. E' iniziato il recupero nel punto più duro della salita, poi la discesa mi ha dato una mano. Lungo il breve rettilineo successivo ho capito il modo in cui finire quella gara. Ho impostato la mente dell'ultramaratoneta :).
11°, 12° e 13° in 4'37'' - 5'10'' - 3'58'', con punte massime e minime di 5'47''/km e 3'36''/km.
L'impresa diventa quella di arrivare al 15° e sopportare la vista di chi già rientrava: non farsi perdere d'animo. Neanche quando poco prima del secondo giro di boa si incrociano simpatici che ti urlano: quanto è bella la discesa! E tu sei in salita che arranchi con il caldo e una sete da Sahara che ti sgretolano in granelli disidratati. Comunque, dopo la discesa arriva una parte di piano e di sali e scendi, con una faticosa asperità proprio prima del secondo giro di boa, dove venivi premiato con l'acqua. Così ho impostato un ritmo tranquillo nel piano e forzavo un po' di più in salita. La cosa bella è che recuperavo tantissime posizioni. Ciò mi ha aiutato tantissimo, mi sono veramente divertito nella zona più infernale degli inferi di Chia! Tra una cosa e l'altra arrivo al giro di boa. Quindi dovevo per forza di cose bere bene, non lasciarmi scappare l'occasione! Prendo la bottiglietta e faccio qualche passo a piedi. Bevo e mi bagno. Troppo, mi inzuppo la canotta. Errore, non avevo valutato che il ritorno è caratterizzato da un vento fortissimo, che lascia il posto al caldo. Per fortuna mi rinfresca al punto giusto senza farmi venire dolori al ventre o allo stomaco. Così procedo a bassa velocità, con passo il più possibile svelto e con tanta concentrazione per controllare la cadenza. Non c'è verso, il vento è forte e non si riesce a correre disinvolti. E' una croce continua. Eppure recupero ancora. In un modo o nell'altro arrivo alla salita del 18° km. Dico solo che il Garmin mi segna punte a 6'24''/km e la schiena mi faceva male per quanto la pendenza e il vento mi piegavano. Ma non è tempo per mollare, è tempo di scollinare! La seguente discesa, e soprattutto gli ultimi 2 km di Viale Chia, saranno interminabili ma, naturalmente, molto più lineari dei precedenti dal 14° al 18° km (dal 14° al 21° segno i seguenti tempi: 4'21'' - 4'50'' - 4'25'' - 4'57'' - 5'27'' - 4'29'' - 4'25'').
Le ultime centinaia di metri mi vedono arrivare sulla scia di un mio compagno di squadra. Il mio sorriso interiore addirittura si premia da solo vedendo un risultato under 1h35'. L'unica cosa che penso è quella di andare al ristoro. Berrò più di mezza dozzina di bicchieri di sali e molta acqua. Ho perso troppi liquidi, evidente errore. Devo riabituarmi anche a questo. In questi anni ho perso persino la capacità di assumere liquidi in gara. La fame non è molta ma comunque dovrò buttare la pasta offerta dall'organizzazione per un altro motivo: sembra tolta dalla scatola per quanto poco è cotta. Non è mangiabile. Per il resto direi che le cose da scrivere sulla gara sono finite. 
Il pomeriggio mi vedrà beato con le gambe nella fresca acqua di Tuerredda, mentre la macchina del mio amico stava in un parcheggio a pagamento dal fondo melmoso. Ma ogni cosa, per fortuna, vede piccoli aspetti negativi ma anche grandi positivi. Come quella sosta sulla via del ritorno, dove tra bellissime chiacchierate e spensieratezza ti ritrovi anche a vedere un gruppo di sconsiderati bevitori che mettono in mostra la loro birra fuori e dentro dai locali: dalla bottiglia all'evaporazione che si attua nei bagni.
Per epilogo. Penso che Chia faccia successo perché ci si trova un po' di evasione. Si ritrovano anche molte amicizie e conoscenze podistiche che solitamente in gare più provinciali e regionali si vedono meno. Cosa che mi ha fatto molto piacere. I nomi da elencare sarebbero tanti, loro sanno. Poi il luogo mi ha dato l'impressione di essere fuori dal caos della Sardegna (che in confronto al resto d'Italia appare già più tranquilla), ultima frontiera prima dell'avventura in un affascinante deserto pieno di oasi da scoprire. Il segreto sta nel nome, piuttosto che nel luogo. Nell'immaginazione del podista, che per tanti motivi è stata sapientemente saputa stimolare. Non a caso, sulla via del ritorno, il traffico (presumo "del mare") ti fa tornare alla realtà. Forse era meglio passare dall'altra parte, come diceva la nostra tenacissima amica, ma il tempo, il tempo non ti lascia libertà! E' ora di tornare alla schiavitù di tutti i giorni. Ma con la mente libera, ripulita, magari un po' malinconici e nostalgici. Tornare, ripartire con un cervello ristorato e rinvigorito, nuovamente positivo.

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